La storia è solo un pettegolezzo d’annata, ricordalo.
A luglio sono stata presa da una specie di smania di lettura. Dovevo leggere tanto. Dovevo leggere tutto, ma soprattutto dovevo leggere veloce.
Ho letto questo libricino ad agosto, quando ancora subivo i rigurgiti di quelli ingoiati a luglio e finalmente avevo voglia di rallentare e mi sono lasciata avvolgere dalla meravigliosa scrittura di Mariapia Veladiano.
Questo libro è stata un’inaspettata, meravigliosa sorpresa. Me lo ha prestato mia mamma e ho cominciato a leggerlo perchè, banalmente, avevo bisogno di un libro corto, semplice.
Si è poi scoperto che tanto semplice non è affatto.
Rebecca è una bambina nata brutta e che sua madre rifiuta di vedere e di cui cerca di occuparsi un padre inadeguato. La zia Erminia cerca di prendersi cura di lei, ma è tutto meno che affidabile e Maddalena, la tata, è l’unica con un grande cuore, ma l’ignoranza – e i continui pianti – le impediscono di essere un vero punto di riferimento.
Rebecca ha ottime mani da pianista che in qualche modo la porteranno lontano dalla tristezza ottenebrante della sua casa.
La trama di questo libro mi ricorda moltissimo Notre-Dame de Paris di Hugo, anche se la frase che mi rimbomba in testa è quella della trasposizione Disney che recita “chi è brutto dentro, o chi brutto a veder?” -santa Disney -.
Per questo la storia ed i personaggi potrebbero quasi sembrare un po’ stereotipati, sopratutto la Signora De Lellis sembra una versione reale della fata madrina delle favole. Un personaggio sbarluccicante, un po’ folle, saggio e magico.
Sembrava illuminata da dentro, bella di quella bellezza che viene quando ci si sente importanti parte di qualcosa che vale e vostra felicità.
Siamo di fronte ad una favola reale – passatemi l’ossimoro – . L’ambientazione, le difficoltà, i personaggi con le loro miserie, sono assolutamente concreti, ma la sensazione strana che rimane è che tutta la tristezza di cui è impregnata sia affrontabile oltre che inevitabile e che esista persino un velo di magia, una patina ovattata di bontà e sbrilluccichio che aiuta ad affrontare le difficoltà. Da qui l’ossimoro.
Il titolo, La vita accanto, credo si riferisca alla vita che la bimba vede scorrere dalle finestre di casa senza potervi partecipare perchè brutta. Perchè diversa – come Quasimodo -.
I compagni di scuola, le loro madri, i concittadini sono coloro che giudicano, come nelle tragedie greche, sentenziano e parlano con un’unica voce, possibilmente sfavorevole.
La maestra sarà una delle prime – poche – menti intelligenti e positive che Rebecca incontrerà uscita dal guscio.
Qualcuno di voi sarà più bravo degli altri. Ci sarà chi capisce meglio la matematica e chi disegna bene. Ma tutti avete le capacità sufficienti per rispettarvi, tutti potete essere educati, tutti potete imparare a essere generosi e non c’è davvero nessuna ragione per tollerare insufficienze su questo punto.
Il padre, bellissimo, ma non certo una cima nonostante sia medico, vince come personaggio più inetto e vigliacco. E’ bello, sì, ma non basta mentre
!SPOILER!
a sua figlia basterà essere com’è, bruttezza, sensibilità ed intelligenza tutte insieme, per poter trovare una serenità che lui non avrà mai – ci ho fatto caso, ma la scrittrice non ha usato la parola felicità -.
!FINE SPOILER!
L’unico pensiero che esprime e per cui ha riacquistato qualche punto ai miei occhi è stato questo:
La vita non è un oggeto prezioso da custodire nel corso degli anni. Spesso ci arriva tra e mani già sbrecciata e non sempre ci vengono forniti i pezzi con cui ripararla Qualche volta bisogna tenersela rotta. Qualche volta invece si può costruire insieme quello che manca. Ma la vita sta davanti, dietro sopra e dentro di noi. C’è anche se ti scansi e chiudi gli occhi e stringi i pugni.
Il messaggio finale, dopo tanta sofferenza, è molto tenero ed incoraggiante nonostante sia privo dell’happy end all’americana che a volte fa tanto piacere!
Questo libro è una carezza, materna o meno. Colpisce nel profondo dell’anima perchè in fondo ognuno può identificarsi in Rebecca dato che tutti ci siamo sentiti almeno una volta nella vita “un bambino brutto” o per lo meno abbiamo creduto di esserlo agli occhi degli altri.
Ho pensato per quasi tutto agosto che questo libro avrebbe conquistato la coccarda di Libro del Mese, poi verso la fine ne ho letto un altro – che non vi dico perchè sono crudele – e purtroppo è passato al secondo posto, ma l’ho adorato, davvero.
Ho letto che la critica spesso mossagli è che sia poco credibile che una bambina come Rebecca possa riflettere, scrivere e parlare come un’adulta.
…ma davvero? E’ questo il problema?
Rebecca nasce con molte doti tra cui l’intelligenza e la sensibilità, ci racconta tutto in prima persona, in alcuni punti fa persino blandi accenni a quello che accadrà nel futuro e il punto focale è che “parla come un’adulta”? No words.
Ribatto con una citazione proprio sua:
L’odio è un sentimento che non so. L’odio è per chi non capisce. A me sembra di capirlo.
Personalmente ho trovato la scrittura davvero ottima, scorrevole, evocativa, diretta e dolce, non mi stupisce che si sia guadagnata il Premio Calvino nel 2010.
Insomma, non si fosse capito ve lo consiglio caldamente!
Come musica, anche se non rispecchia l’atmosfera, lascio la canzone da Il Gobbo di Notre-Dame della Disney di cui vi parlavo all’inizio e che, come tutte le altre musiche del cartone, è una Meraviglia Meravigliosa.
[…] ha vinto in finale contro La vita accanto di Mariapia Veladiano – ve ne parlo qui – ed è stato arduo prendere una […]
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