Da tre anni leggo Murakami a novembre ed è ormai diventata una tradizione.
Dopo 1Q84 e Kafka sulla spiaggia, quest’anno ho scelto Dance dance dance.
C’è da fare una doverosa premessa: Murakami ha un debole per il sovrannaturale e le dimensioni parallele. A volte ho pensato anche per il nonsense, ma ho l’impressione che lui abbia le idee piuttosto chiare e che semplicemente non si preoccupi di essere altrettanto comprensibile con i propri lettori.
Comunque sia, è un aspetto importante da sapere prima di affrontare alcuni dei suoi libri. Personalmente, nel leggere 1Q84 sono rimasta inizialmente molto spaesata e delusa perchè convinta di essere di fronte ad un romanzo/thriller e non ad omini luminescenti e lune duplicate.
Ho però da subito capito di amare troppo la scrittura ed il Giappone di Murakami per lasciarmi scoraggiare dal sovrannaturale – che normalmente non sopporto – e mi sono decisa ad accettare senza polemiche le parti dei suoi romanzi che non capisco o che non hanno logica.
Appurato ciò e predisposti mente&core posso andare avanti perchè anche in Dance dance dance le dimensioni si moltiplicano. La novità però, è che credo di averci trovato un senso.
E’ difficile iniziare a parlare di questo libro perchè non sappiamo il nome del protagonista ed io narrante quindi posso dire che un uomo sulla trentina solo ed apparentemente anaffettivo si improvvisa detective per scoprire la ragione delle morti che lo circondano. Questo lo porta a fare un viaggio introspettivo inaspettato e molto periglioso.
Nonostante egli sia il protagonista indiscusso ci sono molti personaggi di spessore che lo circondano: una bellissima adolescente sola e dotata di poteri sovrannaturali, una receptionist che tutti in coro speriamo non sia tra le vittime e coroni il suo sogno d’amore, una fotografa egoista e volubile, una star di film scadenti ed un numero inquietante di scheletri.
Esiste qualcosa di concreto che corrisponde a questa parola, “io”? Se c’è, perchè non la trovo da nessuna parte? Mi sembra di non aver fatto che recitare, uno dopo l’altro, tutti i ruoli che mi venivano offerti. Di non avere fatto mai una scelta personale, nemmeno una volta.
Mi fa piuttosto sorridere che la quasi totalità di questi personaggi sia sola al mondo, potenzialmente depressa o anaffettiva e parli “senza particolari intonazioni”.
Davvero non so come ci riesca, ma Murakami crea dei personaggi che, nonostante sembrino incolori e piatti, entrano nell’animo e lì restano anche ben dopo il termine del libro. E’ davvero incredibile.
A questo punto forse dovrei precisare che, nonostante sembri inevitabile, i libri di Murakami non portano alla depressione. Al contrario.
Proprio in Dance dance dance il titolo si riferisce al mantra dato al protagonista: continua a danzare nella tua vita, non fermarti, qualsisi cosa accada, dovunque ciò ti porti.
Personalmente reputo la sua scrittura tra le più rilassanti che conosca e, grazie al libro sull’ ikigai – un concetto giapponese che potremmo paragonare alla nostra espressione “ragione di vita”- che ho appena terminato inizio a capire il perchè. Egli infatti scrive seguendo praticamente tutti i principi dell’ikigai. Quellli predominanti, a parer mio, sono cominciare in piccolo – ed infatti descrive i gesti, le sensazioni e le azioni dei personaggi nei minimi dettagli – e il stare nel qui e ora – molto spesso i protagonisti vivono alla giornata senza angosciarsi per il futuro ed utilizzando una sostanziosa dose di fatalismo-.
Vi racconterò meglio di questo estratto di filosofia giapponese, ma vivendo nel qui&ora non ho idea di quando sarà pronto l’articolo. *sghignazza
Mi rendo conto di non aver parlato nello specifico di Dance dance dance, ma il motivo è che la trama di ogni suo singolo libro è per me un pretesto per farmi cullare dalla scrittura e dal Giappone di Murakami. Fino ad ora non mi ha mai delusa ed è uno dei motivi per cui centellino i suoi libri leggendone solo uno all’anno.
L’altro motivo è che mi rendo conto di quanto mi stia insegnando questo scrittore. Imparo ad essere meno razionale e pragmatica, oppure invecchio, dipende da che punto la vogliamo vedere!
Il fatto è che noto di aver cambiato ottica e di essere più predisposta ad accettare ciò che non riesco a capire. #sticazzi direte voi e avreste pure ragione.
Il punto è: leggete Murakami. Serve ed è bellissimo.
A questo proposito lascio uno degli estratti in cui è decisamente nella nostra dimensione e spara a zero sul capitalismo:
Ecco cos’è una società capitalistica avanzata. Che ci piaccia o meno, è quella dove viviamo. Anche il concetto di bene e male è stato scomposto e sofisticato. Oggi il bene può essere in o out, e lo stesso vale per il male. Il bene in a sua volta può essere formale, casual, hip, cool, trendy e snob. Sono permesse anche interessanti combinazioni di stili. E’ come mettere un pullover di Missoni su pantaloni di Trussardi, e ai piedi scarpe di Pollini. In un mondo come questo, la filosofia assomiglia molto alla teoria dell’amministrazione. La filosofia coglie il dinamismo dei tempi.
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[…] tutte queste pseudonecessità sono artificialmente indotte. Non sono esigenze naturali, sono inventate.
Per quanto riguardi la colonna sonora, se già normalmente i libri di Murakami sono colmi di musiche, Dance dance dance ne è davvero stracolmo. Tra le tante ho scelto Hound Dog di Elvis Presley e Surfin USA dei Beach Boys perchè sono quelle che mi mettono più joie de vivre!
p.s. non è fondamentale nell’ottica del libro, ma di solito Murakami descrive sempre con minuzia anche i pasti che normalmente sono di cucina giapponese. Ho notato invece che in Dance dance dance i personaggi mangiano quasi sempre piatti europei o americani e a dir la verità mi è dispiaciuto!
p.p.s. rido da sola pensando che ormai iniziando un libro di Murakami aspetto il momento in cui sopraggiungerà il sovrannaturale e quando ci arrivo dico ad alta voce : toh, eccolo qui!
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Condivido al 100% i consigli a chi si avvicina per la prima volta a Murakami.
Personalmente me ne sono innamorato quasi subito per gli stessi motivi che hanno colpito anche te, allo stesso modo ho imparato ad accettare come strani compagni di viaggio tutte quelle presenze non-meglio-definibili che sistematicamente il nostro Haruki decide di metterci sulla strada.
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il buon Murakami sa come farsi voler bene anche se a volte ci fa disperare 😉
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