
Questo è forse il libro più strano che mi sia mai capitato fra le mani.
La brossura è di 59 pagine, ma la trama termina a pagina 46 perchè il resto è contestualizzazione storica e postfazione.
Violette Ailhaud racconta la storia di un paesino della Provenza del 1852 dove Luigi Napoleone, salito al potere con un colpo di stato, arresta tutti gli uomini poichè rei di aver sostenuto la Repubblica.
Le donne rimangono sole. Promesse sposte, promesse madri, restano bloccate nello stallo delle loro vite fino a che compare, più di due anni dopo, un uomo all’orizzonte.
Premetto che, quando ho deciso di leggerlo, nella mia intenzione di restare all’oscuro dalla trama, mi sono erroneamente fatta l’idea di una distopia. Una sorta di Ragazze Elettriche dove un povero malcapitato è costretto ad soddisfare ed ingravidare tutte le donne del paese rimanendo poi accasciato al suolo senza forse.
Ecco. No.
Non avrei potuto sbagliarmi più di così.
Questo libricino ha uno stile quasi impressionista. Al di là del contesto storico, nulla è specificato. Nulla è importante se non i sentimenti della protagonista, la stessa Villette Ailhaud allora neanche ventenne.
La prosa è delicata, supportata dalle immagini e dalle passioni.
Potrei persino trovare un colore predominante. Vedo tantissimo giallo, quello dei tramonti estivi, con le pagliuzze d’oro che svolazzano e le cicale in sottofondo.
La storia è intesa come vera, anche se ci sono dei particolari che perlomeno fanno sospettare il contrario.
Ho deciso che non mi interessa saperlo, non è la veridicità storica la forza di questo romanzo, lo sono i sentimenti di Violette che, giovane e piena di vita, si apre all’amore con la disperazione della privazione e la genuinità della prima volta.
Non avrei mai pensato di trovare da scrivere su un libricino tanto corto, eppure lascia qualocosa, sono immagini ed impressioni che voglio ricordare.
In me c’è il desiderio di vivere. Il suo dovere di madre è compiuto.
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